La lingua inglese talvolta rende i concetti più eleganti
Il termine buzzword è abbastanza intraducibile in italiano ma è più o meno l'equivalente della mitica supercazzola coniata da Amici Miei. In un mondo dove tutto è stato inventato e reinventato almeno due volte non si può non parlare degli slang giovanili - che si reinventano a cicli come le stagioni dell'anno - e il bello è che i millenials pensano di essere originali. In alcune cose, ma di certo non in tutte.
Alcuni esempi? Iniziamo dalla prima lettera del vocabolario (sperando che almeno l’ordine alfabetico ancora non venga messo in discussione).
Ad esempio, alla A del manuale di sopravvivenza 2.0, troviamo Adulting, traducibile con “rendersi adulti”, neologismo inglese entrato a far parte del comune lessico italiano. Il significato sembra ovvio: essere “grandi”, allontanarsi dai periodi spensierati dell’infanzia e da quelli tormentati dell’adolescenza;
La prima cosa che ci viene in mente riguarda non solo l’età anagrafica, ma il raggiungimento di obiettivi radicati nella storia dell’umanità, come l’indipendenza garantita dal un lavoro che consenta di soddisfare bisogni e vizi.
Se analizziamo questo termine capiamo come sempre più spesso si tenda a rompere le regole grammaticali di due lingue (l’inglese e l’italiano) per passare a un tono più colloquiale. Di fatto è un manipolare, allungare e plasmare la lingua in base alla necessità di esprimere un concetto: in questo caso quello del divenire grandi e comportarsi da adulti, assumendosene le responsabilità che ne derivano.
Ma è davvero utile questa nuova parola?
Non si poteva attingere dal mattone del buon vecchio Zanichelli qualcosa come “Maturare”, “crescere”, “responsabilizzarsi”?
I sinonimi in italiano sono tanti e ognuno custodisce la sua sfumatura diversa.
In un mondo virtuale che si classifica per hashtag, serve un qualcosa di più specifico di un banale sinonimo da polveroso dizionario
Per esempio, lo scontro fra boomer e millenials. Alla B del manuale di sopravvivenza possiamo scoprire che il termine boomer è stato coniato diversi anni fa ma ha raggiunto il suo apice di utilizzo solo di recente quando Chloe Swarbrick, un legislatore di 25 anni, ha risposto a una collega più anziana che ha interrotto il suo discorso sui cambiamenti climatici freddandola con "ok Boomer" – additando la generazione nata a cavallo del secolo scorso come quella responsabile del disastro economico ed ecologico del pianeta. Ovviamente il termine boomer ha un chiaro orientamento dispregiativo verso una generazione considerata più fortunata e agevolata, contrapposta a quella dei millenials (ossia i nati dopo il 2000) che si sono trovati a nascere nell’occhio del ciclone scatenati dagli errori e dall’egoismo della generazione dei loro genitori.
Dal canto loro i “boomer” ritengono che i “millenials” (parola che non nasconde anch’essa un velo di disapprovazione) non siano in grado di affrontare la dura realtà di un mondo che invece loro hanno vissuto forse in maniera tutto sommato più spensierata ed agevole.
La popolarità della parola “adulting” apparentemente conferma questo pregiudizio: i giovani pubblicano orgogliosi le foto dei loro piatti di pasta e twittano sul fare la lavatrice, come se queste cose non fossero azioni comuni, di tutti i giorni.
La lista degli slang sarebbe difficile da compilare, ma se volete avere un’idea degli altri vi sarà sufficiente aprire un’app di tendenza come TikTok e visualizzare il ranking degli hashtag utilizzati. Dimenticavo: non sempre allo stesso termine è attribuito un significato univoco – almeno all’inizio del suo utilizzo. La genesi di questi termini è difatti nebbiosa – salvo poi chiarirsi man mano che vengono utilizzati oppure dimenticati nell’oblio di questo sconfinato mondo digitale.
E’ tuttavia un radicato fenomeno sociologico che i digital native siano in realtà più connessi al mondo reale di chi li ha preceduti, forse meno affascinati da uno strumento (la rete) che è sempre stato presente sin da loro nascita. Per questo motivo, mentre chi ha più di 25 anni “mescola” gli stessi termini sia nel contesto fisico che in quello virtuale, i nativi digitali tendono a tenere ben separati i due ambienti. Non è raro passeggiando nelle grandi città catturare spezzoni di frasi dette da ragazzini che ci sembrano incomprensibili – ad esempio “zombizzato” (dall’inglese zombied) che significa riapparire come se nulla fosse davanti ad una persona dalla quale ci eravamo in passato inaspettatamente distaccati (ghosted). Si poteva forse tradurlo come “fare lo gnorri” ma… vuoi mettere?